L'isola che non c'è. Ottobre 2007

Sono biologa dell'isola... una piccola isola sperduta nell'Oceano Indiano. 12 Km quadrati. Maldive. Porto i turisti con maschera e pinne a vedere le bellezze della barriera corallina e dei suoi abitanti... Vivo in paradiso, cammino sulla sabbia bianca e tiepida. Mangio leccornie e bevo latte di cocco (direttamente raccolto dalla palma).
Emozionante direte voi.. certo.. ma per ora sento il peso di mezzo mondo che mi separa da Casa. e pesa mezzo mondo, assai.


Io sul Dhoni e CocoPalm sullo sfondo
Oggi Anna, ha detto a Mario (direttore dell’isola) che non ce la fa più e se ne vuole andare.   Lei è la guest relation per i francesi. 22 anni, pazzerella e carina. Gli sta piccola questa piccola isola… d’altronde il suo lavoro è diverso dal mio. Deve stare chiusa in ufficio tutto il dì, lavorando gomito gomito con due macchine del lavoro senza tregua, Yuki, la giapponese-non-mi-fermo-mai e Wayan, il Balinese serio e tutto lavoro. Non è facile far convivere mentalità diverse, senza avere manco il tempo di dare un occhio all’oceano quando l’anima chiede un po’ di tregua. In questo senso io sono fortunata. Ma lei è l’unica con cui potevo scherzare in modo abbastanza normale, a parte le sue uscite classicamente francesi “c’è pelo di culo nel mio riso!” non so come faccia a trovarne uno in ogni pietanza che si porta a tavola… ma almeno mi fa ridere.

A volte mi fermo a spulciare gli sguardi della gente che come me lavora qui, in cerca di una risata che sta per uscire: la trovo ogni tanto sul viso di Hamdan, il vicino di casa che abita con Wayan, che se è da solo ha paura dei vampiri e dorme con la luce accesa; a volte sul viso di Anas, che sembra diciottenne ma non ci giurerei, visto che le età sono inimmaginabili qui. Ma a parte loro nel volto degli altri troppo spesso riscontro un filo di nostalgia, quello che il mare tutto intorno a noi  disegna volente o nolente negli occhi, ricordandoci che questa, per quasi la totalità dell’umanità, questa, dicevo, è l’isola che non c’è; e noi in fondo, forse, abbiamo paura di finire per condividere il suo destino, non esserci per il mondo fuori da questo mondo.
I rapporti sono cordiali e addirittura delicati: tanti ti chiedono come stai e sono comprensivi del fatto che non è facile all’inizio. Ogni tanto incontri persone che hanno sotto pelle il tuo stesso fremito di paura, e si sente: si ci dice quanto è strano stare qui, ma che dai, forza e coraggio, le cose col tempo migliorano! E se hai mal di gola ti portano limonata calda.  E poi guardiamo i lati positivi, si mangia da dio, il mare è una favola (ma sono una delle poche persone fortunate che possono goderselo fisicamente). Jhany, cameriere, sta patendo la lontananza dall’Egitto, e penso che in qualche forma gli faccia bene sapere di non essere l’unico. Come dicono Mal comune…
Mi sta già plasmando la permanenza qui. Certo, non ci voleva che Anna se ne andasse, ma stava per impazzire, povera. Vuole andare via e stare col suo fidanzato. Il suo contratto era di 2 anni… forse neanche io riuscirei a mettermi l’anima in pace con quelle cifre… 2 anni… e pensare che c’è gente che lavora qui da 8 anni, gente che ogni 6-10 mesi riesce ad andare a trovare la famiglia, e si trova davanti a figli che non  riconoscono più il papà. Alcuni fanno mesi e mesi di fila per accumulare le ferie e poter andare qualche giorno a trovare casa, l’amore o anche solo a staccare un po’. Mi sento in colpa se penso a quanto riesco a lamentarmi io, che sto qui 6 mesi e guadagno in uno quanto loro guadagnano in 5… eppure non manca mai il gesto di offrirti la sigaretta, un “soft drink” o una birra.
Nel mio cuore tanti pensieri… il tempo è rallentato, preparo lezioni di biologia. Penso a casa, ai miei amori. Penso a fare il meglio che posso e a dare un sorriso ad ogni persona che incontro. A volte anche una pacca sulla spalla e una battuta. Che isola ragazzi. Il surreale è reale.

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